Diritto di seguito e riproduzione
Paganini non ripete
Arte all'incanto
Momenti fondamentali
L'Italia malata di misoneismo
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Statuto artista
Diritto d'autore
Codice beni culturali
Convenzione Berna
Paganini non ripete. Si racconta che questo detto abbia avuto origine
nel 1818 al Teatro Carignano di Torino, quando un importante personaggio, dopo
aver assistito a un concerto del grande violinista e compositore genovese, fece
pregare il maestro di ripetere il brano. Paganini, che amava improvvisare quando
suonava, gli fece rispondere "Paganini non ripete". Lui sicuramente no, ma molti
violinisti hanno dato e danno ancora oggi vita alle note che il maestro ha
trascritto 200 anni fa su carta. I simboli musicali sono una delle più alte
espressioni creative della mente e al tempo stesso una delle più misteriose, ma
una volta trascritti sono ripetibili. Ciò non accade per le opere d’arte, o
quanto meno per i dipinti. Anch’essi scaturiscono dalla creatività dell’artista,
ma sono unici e irripetibili, dello stesso artista ce ne potranno essere altri
migliori o peggiori, ma mai uguali.
Quando Paganini componeva le sue opere
non poteva certo immaginare che i moderni compositori avrebbero potuto servirsi
di mezzi tecnologici per diffondere il frutto della loro creatività, né
tantomeno che dagli stessi mezzi tecnologici, sempre più sofisticati, avrebbero
avuto la necessità di tutelarsi. Lo stesso dicasi per gli scrittori.
Fatti salvi i manoscritti (sia di partiture musicali che di opere letterarie)
che hanno un valore in sé, il libro o il disco che rendono possibile la
diffusione dell’idea e della creatività del musicista o dello scrittore di per
sé non hanno valore, ma lo acquistano solo grazie all’opera dell’ingegno che
contengono e grazie alla sua riproducibilità.
Vi è quindi una profonda differenza tra l’opera musicale e letteraria che vivono
grazie alla loro replicabilità e l’opera d’arte che si fa pregio della sua (non
replicabilità) unicità.
Quante volte si sente dire: ho comprato
anch’io lo stesso disco, ho comprato anch’io lo stesso libro. Non sentiremo però
mai dire: ho comprato anch’io lo stesso quadro, e se lo sentiamo dire vuol dire
che c’è qualcosa che non torna.
Questa differenza non può non avere
conseguenze anche sul piano commerciale. Quando si vende un libro o un disco non
si cede l’idea che lo ha generato in quanto questa vive in ogni esemplare in
commercio; il dipinto viceversa si aliena nella sua totalità, l’idea che lo ha
ispirato si materializza in quell’opera e in quella sola e con essa viene
ceduta. Non si capisce inoltre come delle manifestazioni dell’ingegno così
diverse possano essere tutelate dal legislatore, in questo caso europeo, nello
stesso modo. Nel seminario sul mercato dell’arte che l’E.F.A. (European
Federation of Auctioneers) ha tenuto a Firenze il 27 giugno scorso e i cui atti
sono riportati in questo numero della Gazzetta delle Aste, si è discusso
dell’applicazione del Droit de Suite, in italiano: diritto dell’autore di
un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale. La definizione nella
nostra lingua sembra un po’ arrampicata sugli specchi, ed è certamente
preferibile, in quanto più elegante e sbrigativa, quella coniata anni addietro
dal legislatore francese. Anche perché il droit de suite va prevalentemente a
vantaggio degli eredi dei grandi artisti che sono tutelati in Francia, si citi
Picasso per tutti. Non è questa la sede per analizzare un problema così
articolato e per maggiori dettagli rimando alla esaustiva relazione, nelle
pagine seguenti, del Prof. Henrik Hanstein della casa d’aste Lempertz di
Colonia. Se il droit de suite entrerà in vigore anche in Italia sarà un
ulteriore limite per il nostro mercato, già attanagliato dai noti problemi
legati alla circolazione delle opere d’arte. Con ciò non ci si vuole allontanare
da un progetto europeo unitario, ma sottolineare che ci vengono prospettate, in
nome dell’Europa, nuove difficoltà senza che ci venga fatta intravedere la
possibilità di rimuovere le vecchie.
Articolo pubblicato sul n. 2 della Gazzetta delle
aste